Nei luoghi della fede

Monte Berico 600 - Il Giubileo della Rinascita nel 2026

 

1426-2026: un Giubileo per celebrare il 6°centenario delle apparizioni mariane a Monte Berico

 

BANNER MONTE B LOW 

Correva l’anno 1426, quando Vicenza e il suo contado, come molti altri territori in Italia e in Europa, stavano vivendo un dramma che per anni, oltre a mietere vittime, generò anche una profonda crisi economica e sociale: la pestilenza.

All’improvviso, a Monte Berico, raccontano le antiche fonti, un evento inatteso scosse il panorama umano della desolazione, ridando speranza e fiducia in un futuro migliore. Il 7 marzo di quell’anno, verso l’ora terza (circa le 9 di mattina), la Vergine Maria apparve a Vincenza Pasini, un’umile e anziana moglie di un contadino che si recava a portare il cibo al marito che stava lavorando alle vigne.
La celeste Regina chiese a Vincenza di farsi messaggera delle sue volontà presso il popolo vicentino, il governo religioso e municipale, invitando l’intera città a erigere un santuario in suo onore sul luogo dell’apparizione. Il messaggio non fu recepito subito e, solo dopo la seconda apparizione mariana, la richiesta venne accolta dalle autorità.

A partire dal 25 agosto del 1426, nell’arco di soli tre mesi, sorse il primitivo sacello gotico dedicato alla Vergine, la cui fama cominciò a crescere da subito, valicando presto i confini diocesani e attirando pellegrini anche da altri luoghi.

Dopo sei secoli di storia gloriosa e a tratti drammatica, questo tempio, divenuto grande e ricco di tesori d’arte, racchiude oggi al suo interno la storia religiosa, culturale e civica della città, le testimonianze figurate (ex voto), una biblioteca specializzata, un archivio storico e un museo d’arte sacra.

Luogo della speranza per tutti
Emblema dell’accoglienza nei confronti dei pellegrini che salgono in preghiera al Monte è la statua quattrocentesca della Mater Misericordiae. Maria è raffigurata mentre copre e protegge con il suo manto otto figure, il cui numero evoca simbolicamente l’universalità di questo abbraccio: persone di ogni ceto e provenienza possono trovare rifugio ai piedi della Beata Vergine, sia nei momenti di
gioia che di pianto.

La vocazione al pellegrinaggio rende il Santuario mariano un luogo aperto verso il mondo e le sue molteplici culture. Il complesso architettonico di straordinario fascino, grazie alla sua impronta prima gotica, poi rinascimentale e in seguito barocca e alla rigogliosa cornice paesaggistica e di interesse naturalistico, si apre a ogni persona, senza distinzioni di credo e cultura, come meta ideale per percorsi di esplorazione in diversi ambiti di spiritualità, conoscenza ed esperienza. 

Il Giubileo per la Rinascita è un progetto che desidera valorizzare non solo la memoria storica e il patrimonio culturale del Santuario di Monte Berico, ma attivare un processo dinamico e partecipativo di accrescimento dell’offerta formativa e turistica del territorio in cui è
inserito e di cui è da sei secoli un faro spirituale.

Testi:@Comune di Vicenza


*ORARI DI VISITA 

Chiesa: da lunedì a sabato: estivi 6.00-12.30/14.30-19.00, invernali 6.00-12.30/14.30-18.00
domenica: estivi 6.00-20.00, invernali 6.00-19.00. Ingresso libero. Durante le celebrazioni liturgiche non sono consentite visite turistiche.

Sala del Quadro (refettorio con la Cena di San Gregorio Magno di Paolo Veronese): da lunedì a sabato: estivi 8.30-12.30/14.30-18.30, invernali 6.00-12.30/14.30-18.00, domenica: estivi 7.30-19.30, invernali 7.30-18.30. Per i gruppi si prega di prenotare: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Ingresso libero.

Museo dell'arte sacra: estivi e invernali sabato 10.00-12.00/14.00-18.00, altri giorni prenotando a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Ingresso libero con contributo responsabile. LINK


*COME ARRIVARE AL SANTUARIO  ( circa 2 km dal centro storico)

In auto: si può giungere fino al Piazzale della Vittoria, che offre numerosi posti auto. LINK MAPS 

Con i mezzi pubblici: nei giorni festivi, da Viale Roma è possibile prendere il bus urbano18 SVT che collega con regolarità il centro con il vicino colle. Nei giorni feriali invece per raggiungere il Santuario sono disponibili le corse del 18 ( non molto frequenti)  oppure partendo dall'autostazione, si può scegliere il bus 6 extraurbano. 

Orari linea 18 urbana ( dal 9 settembre 2024 al 7 giugno 2025): pdf

Orari linea 6 extraurbana per Barbarano ( dal 9 settembre 2024 al 7 giugno 2025)  pdf  ( Monte Berico è la prima fermata)

Bus turistici: lungo Viale 10 giugno sono disponibili stalli gratuiti per la sosta dei bus turistici. ( Giungendo da Vicenza, sarà necessario arrivare alla rotonda in prossimità del Santuario per invertire il senso di marcia prima di poter parcheggiare). LINK MAPS

 A piedi dal centro: con una piacevole passeggiata si può arrivare in una mezz'ora al colle del Monte Berico. Raggiunto il Viale Risorgimento si potrà scegliere di salire le scalette, attraverso l' Arco delle Scalette, di progetto palladiano oppure di incamminarsi lungo la via di pellegrinaggio porticata di viale 10 giugno.

La passeggiata consigliata: scarica la mappa o il file gpx.  

 

PER GRAZIA RICEVUTA - IL DEPLIANT DEDICATO A SANTUARI EX VOTO E LUOGHI DELLA FEDE

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Scrivere di itinerari religiosi per i turisti nella provincia di Vicenza,come del resto nell’Italia intera, è una impresa imponente e impossibile da sintetizzare perché tanti sono gliedifici religiosi così come numerosi sono i capitelli, le cappelle votive, le edicole e gli eremi, senza contare l’immenso patrimonio artistico religioso composto da dipinti, paraventi,abiti ed oggetti sacri custoditi nelle Chiese e nelle Cattedrali o nei preziosi Musei Diocesani.

Sembra che il 70% dei beniculturali italiani siano di carattere religioso.Tutti degni di essere conosciuti perché ognuno di questi luoghi e di questi oggetti ha senza dubbio un valore, spesso artistico ancor prima che religioso, o perché rappresentanouna tradizione o raccontano una storia popolareoppure una credenza diffusa. Alcuni dati per immaginare quante storie, quante vicende si celano dietro a questi segni religiosi così capillarmentediffusi anche nel territorio della nostra provincia.

Nei 113 comuni vicentini si festeggiano oltre 50 diversi patroni che sono orgogliosamente celebrati anche se dal 1978 la Madonna di Monte Berico è la patrona del capoluogo Vicenza e della sua Diocesi.

A Recoaro Terme, per esempio, nella meravigliosa Concadi Smeraldo, si trovano ben 128 capitelli, quasi 1 ogni 60 residenti,alcuni risalenti al Settecento, 45 sono nicchie di cui11 affrescate e 79 sono affreschi o nicchie murali per noncitare le numerosissime chiesette sparse nelle contrade della nostra vasta area montana e pedemontana che, peruna comprensibile salvaguardia, sono chiuse al visitatore.

Ecco quindi qui raccolti i principali santuari ex-voto e i luoghi più frequentati della nostra provincia dai residenti, ma soprattutto dai pellegrini e dai turisti, fatti edificare sovente per volontà popolare in seguito ad apparizioni della Madonna, come nel caso del Santuario diMonte Berico, o che la pietà popolare ha trasformato in luoghi di culto diffuso perché conservano i ricordi dell’infanzia di un Santo, come nel caso della casa-natale di suor Maria Bertilla Boscardin a Brendola.

Un filo conduttore legato alla tradizione popolare più che all’importanza artistica o architettonica degli edifici.  Si tratt adi visite che si possono effettuare con motivazioni religiose o per semplice curiosità, per conoscere più da vicinole vicende di una comunità, le sue tradizioni, le sue culture,che fissano nella memoria anche gli eventi storici come leguerre, le pestilenze, le grandi e rovinose inondazioni. La tradizione dei cosiddetti ex-voto suscepto, offerte votive, si fa risalire all’antichità e a religioni diverse, ma seppur siano forme di teatralizzazione per aver scongiurato o vinto situazioni di sofferenza e precarietà, ancora oggi, con varie modalità, sono diffuse e praticate in tutto il mondo.    

 

 

 


*PAOLO VERONESE " LA CENA DI SAN GREGORIO MAGNO" 

Oggetto di un impegnativo lungo restauro sostenuto da Intesa Sanpaolo, il grande telero di 40 metri quadrati dipinto da Paolo Veronese nel 1572 per il refettorio della Basilica di Monte Berico a Vicenza è l' unica opera, tra le famose Cene del pittore, ad essere ancora conservata nel luogo per il quale fu creata.

L'approfondimento 


*ORARI DELLE CELEBRAZIONI

 

 A SUA IMMAGINE - VICENZA

Vicenza è bellezza gentile, che sa parlare in silenzio, raccontare senza far rumore, incantare senza stordire.

Vicenza è città d’immenso valore artistico, ma anche centro religioso ricco di spiritualità e solidarietà. La Cattedrale racconta la storia e le origini del cristianesimo. All’interno un polittico e scavi archeologici, i più vasti del Veneto, con la prima domus ecclesiae della città della fine del III secolo dove la prima comunità cristiana si riuniva in una casa privata, dedicata agli incontri e alla cena, la Messa della domenica. Se si dovesse dare una chiave di lettura espressa in una parola si potrebbe dire: luce. La luce riflessa nelle grandi opere del Palladio e la luce della Vicenza solidale riflessa anche dietro le sbarre e le molteplici attività a favore del reinserimento degli ex detenuti documentate da un servizio filmato dell’inviato Paolo Balduzzi.

Per Le Ragioni della Speranza, l’ultima puntata del ciclo di don Marco Pozza si conclude in un luogo del cuore: il Santuario mariano di Monte Berico di Vicenza. Nel 1428 la città fu colpita da una terribile peste. Le origini del Santuario di Monte Berico sono legate alle due apparizioni della Madonna a Vincenza Pasini, una donna che portava il pranzo al marito che lavorava sul colle: la prima del 7 marzo del 1426, la seconda del 1° agosto 1428. La Madonna prometteva la fine della peste e chiedeva che in quel luogo le fosse dedicata una chiesa. La città si salvò anche se Vincenza Pasini non fu subito creduta: era troppo semplice per crederle. «Accade lo stesso - commenta don Marco Pozza - anche a Gesù, nel Vangelo di questa domenica: quando la meraviglia appare a due passi da te, è difficile credere che sia così vicina a casa tua». Ospite d’eccezione Lorena Bianchetti che svelerà alcuni episodi significativi del suo rapporto con Maria.

Chiese e monumenti sacri di Schio

Schio

Il Duomo di San Pietro così come appare attualmente è l’ultima di molte ricostruzioni che ebbero inizio da una cappella medioevale dedicata a San Pietro esistente sul colle del Gorzone.
Fra il 1100 e il 1200 l’antica Pieve di Pievebelvicino, chiesa madre di tutte le altre della Val Leogra, assegnò all’antica cappella scledense un parroco e così divenne parrocchia. Nel XIX secolo si assiste ad un piano espansivo e riformatore in campo urbanistico derivato dallo sviluppo industriale e demografico e favorito da Alessandro Rossi. Questo progetto coinvolse anche il Duomo, la canonica, la Piazza e la ristrutturazione fu affidata ed eseguita da A. Caregaro Negrin tra il 1877 e il 1879.
 
Prima di quest’ultimo intervento Carlo Barrera attuò tra il 1805 e il 1820 il progetto di Antonio Diedo con la realizzazione del monumentale pronao corinzio con frontone triangolare e dei due piccoli campanili laterali. Il successivo intervento risale al 1837 e fu opera di Tommaso Meduna che progettò il nuovo collegamento con la piazza antistante sostituendo l’unica erta scalinata esistente con le due rampe che salgono lateralmente. La decorazione interna del Duomo è opera di diversi artisti tra cui Valentino Saiez per i bassorilievi dell’attico della navata e per il cocrifisso, Valentino Pupin per la cromia della volta e la pala dell’altare di San Giuseppe.
La chiesa è dotata di due preziosi organi e di altre opere artistiche frutto di bravi artisti locali che si adoperarono per adornare la più imponente chiesa della città. Annessa al tempio è l’ottocentesca canonica dove si trovano altri dipinti e all’ultimo piano ha sede l’Archivio e la Biblioteca del Duomo.

Fonte Comune di Schio, 29/07/2004

 

schio

 

Il Giavenale di Schio conserva in territorio rurale una cappella dedicata a s.Giustina, da sempre conosciuta dagli storici locali e attribuita al IV secolo. Nella chiesetta campestre è murata una iscrizione che ricorda u pontefice pagano della famiglia Cameria, quattuorviro del municipium di Vicenza, con la moglie Terenzia. Nelle vicinanze sono state trovate monete del tardo impero.

Fonte “Le chiese del primo millennio nella diocesi di Vicenza”, Attilio Previstali, Palladio Industrie Grafiche Cartotecniche Vicenza

 

INFORMAZIONI TURISTICHE

Comune di Schio - Ufficio di Promozione del Territorio 
c/o Municipio, via F.lli Pasini 33 - Schio
Tel. +39 0445 691285 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
martedì e venerdì 9.00-13.00
lunedì, mercoledì e giovedì 9.00-13.00 / 14.30-17.30
https://www.visitschio.it/it

Focus: la Chiesa di Santa Corona a Vicenza

 

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IL VIRTUAL TOUR DELLA CHIESA DI SANTA CORONA

La chiesa di Santa Corona, fondata nel 1270 e fulcro di un complesso monastico domenicano merita indubbiamente una visita approfondita.
La chiesa a croce latina nasce per conservare la reliquia della Santa Spina donata nel 1259 da Luigi IX re di Francia al vescovo Bartolomeo da Breganze e che viene esposta al pubblico il venerdì Santo.
In questa chiesa fu inoltre sepolto Andrea Palladio nel 1580. A metà del 1800 le spoglie furono traslate nel Famedio del cimitero maggiore dove riposano
gli “illustri vicentini”.

Caratteristica è la facciata con andamento a capanna, che riprende il motivo padano “a vento“. L’interno, austero e solenne, è a tre navate, con presbiterio progettato nel 1480 da Lorenzo da Bologna. Dalla porta laterale destra della cripta si accede alla cappella Valmarana, ideata dal Palladio nel 1576. Notevolissimo il patrimonio artistico, con alcune opere di grande spicco: nella terza cappella di destra, “Adorazione dei Magi”, dipinta da Paolo Veronese nel 1573; nella cappella in fondo alla navata di destra, “I Santi Pietro e Paolo e Pio V adorano Maria”, capolavoro giovanile del veneziano Giovanni Battista Pittoni (1723); al quinto altare della navata sinistra, “Battesimo di Cristo", capolavoro della maturità del veneziano Giovanni Bellini” (1427-1516).


Il grandioso complesso dell’altare principale è impreziosito, in ogni superficie, da intarsi policromi di marmi pregiati, lapislazzuli, coralli, corniole e madreperle.
Allontanati i Domenicani in seguito alle soppressioni napoleoniche nel 1810 è passata in proprietà al Comune di Vicenza ed oggi è inserita nel circuito dei Musei Civici ( € 3.00 - Biglietteria presso lo IAT o in basilica palladiana). 
Il convento adiacente è adibito oggi a Museo Naturalistico Archeologico.
 


 Beato Bartolomeo da Breganze (Breganze 1200 – Vicenza 1270). Nato nell’antica e illustre famiglia di Breganze, da giovanissimo scelse la sua vita di predicatore nell’ordine dei domenicani attirando molte vocazioni. Fu molto stimato dai Papi del tempo Gregorio IX e Innocenzo IV. Questi lo nominò Vescovo nel 1253. Due anni dopo venne inviato a Vicenza da Papa Alessandro IV, ma dovette trasferirsi in Inghilterra prima e a Parigi poi per allontanarsi da Ezzelino da Romano. Il Re Luigi IX volle incontrarlo e, riconoscente del conforto ricevuto in Terra Santa durante le crociate, gli regalò una spina della Sacra Corona di Cristo. Rientrato a Vicenza con la preziosa reliquia, fece erigere un Convento Domenicano e la Chiesa denominata di Santa Corona che ancora espone il prezioso dono il Venerdì Santo e conserva le spoglie del Beato. Papa Pio VI beatificò Bartolomeo da Breganze l’11 settembre 1793.

 Il Reliquiario della Sacra Spina, tra le più antiche e preziose opere d’oreficeria sacra oggi esistenti a Vicenza, è esposto al Museo Diocesano.

 

  SCOPRI IL VIRTUAL TOUR DELLA CHIESA DI SANTA CORONA

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3 ottobre 2023, CORRIERE DEL VENETO

Vicenza, i tesori della chiesa di Santa Corona si svelano con innovazione e droni

di Camilla Gargioni LINK

Non sembra nemmeno di essere in un percorso virtuale. Perché, di fatto, non è una semplice riproduzione di quelle che si possono sperimentare navigando su Google Maps. Il virtual tour della chiesa di Santa Corona a Vicenza è stato realizzato con tecnologie che, di solito, si usano in ambito tecnico edile. Dietro al virtual tour, che è perfino sbarcato alla Mostra del Cinema di Venezia all’Excelsior nel panel delle produzioni della Vicenza Film Commission, c’è Alessandro Meggiolan, geometra e – come si autodefinisce – «dronista».

Il dipinto più bello del mondo
«Non sono un regista nel vero senso del termine – spiega Meggiolan – Sono un tecnico, da sempre appassionato di tecnologia e del territorio. Ho incominciato ad avventurarmi nel mondo dei droni nel 2014». Inizialmente, infatti, Meggiolan ha usato i droni solo in ambito tecnico: da lì, è nata una vera e propria passione, fino al virtual tour della chiesa di Santa Corona, iniziata nel 1261. Il tour permette di «visitare» la chiesa a partire dall’esterno, fino a riprodurne ogni particolare all’interno: soprattutto, l’imponente «Battesimo di Cristo» di Giovanni Bellini, realizzato all’inizio del 1500, che è stato definito dal critico e sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi come il «quadro più bello che si possa trovare in Italia».
«Il virtual tour non funziona come Google Maps, in cui bisogna utilizzare un cursore – specifica ancora Meggiolan – Gli elementi non sono semplicemente foto panoramiche, ma sono modelli tridimensionali, compresa la tela del Bellini».

Turismo e arricchimento del patrimonio culturale
Si potranno anche avviare, durante la navigazione, approfondimenti del complesso religioso di Santa Corona su ogni ambientazione sia all’interno sia all’esterno, quindi anche gli annessi chiostri. Il video è visibile online già da qualche giorno: il fine, però, non è solamente quello di promozione turistica. «Al di là dell’esperienza, se mai la chiesa dovesse avere un problema, subire un danno magari provocato da una scossa di terremoto, grazie a questo lavoro si potrebbe ricostruire con accuratezza – afferma Carla Padovan, direttrice del consorzio di promozione turistica Vicenza è – Non è una semplice opportunità di scoperta, ma un arricchimento per il nostro patrimonio culturale».

 

TVA VICENZA, 17.11: 

VICENZA. SGARBI SHOW. Vittorio Sgarbi non ha dubbi, la chiesa di Santa Corona è il grande trionfo dell’inizio del Rinascimento e chi non la visita è una capra. Diamante prezioso il Battesimo di Cristo, la pala del grande pittore Giovanni Bellini. Per lui, tra i dipinti più belli d’Italia. E oggi Vicenza riparte da qui. Dal suo gioiello più nascosto. Diventerà un vero e proprio attrattore turistico attraverso un percorso di valorizzazione promosso da “Vicenza è” e dal comune.

 

 

IL GIORNALE DI VICENZA,18.11: 

Sgarbi e il "Battesimo" «Il quadro più bello»

SGARBIGDVParterre delle grandi occasioni nella chiesa di Santa Corona per la lectiodi Vittorio Sgarbi sul Battesimo di Cristo del Bellini, recentemente restaurato, che sarà al centro di un progetto di valorizzazione turistica inuna sinergia tra Comune e Consorzio Vicenzaè. Il critico d'arte l'hadefinito «il quadro più bello del mondo». Ma soprattutto il quadro dellasua vita, della sua formazione, raccontato alternando ricordi personali eriferimenti artistici e culturali. Sgarbi arrivò ventiquattrenne a Vicenza,fresco vincitore di un concorso per la Sovrintendenza del Veneto,trovandosi davanti personaggi del calibro di Renato Cevese, che gliappariva dice - come a Goethe nel suo viaggio in Italia dovetteroapparirgli gli accademici olimpici - fermo e orgoglioso, conservatore,artisticamente parlando. Poi l'idea che li avvicinò: allestire per lecelebrazioni del Palladio una mostra sui pittori del suo tempo, proprionella Chiesa di Santa Corona, dove inizia effettivamente la preparazione,anche grazie all'aiuto pratico del padre e dove quindi avviene il primoincontro col dipinto del Bellini. Poi gli sforzi per ottenere il primo finanziamento per il restauro e gli incontri che ciconducono attraverso la Vicenza dei decenni passati: Neri Pozza, Ferdinando Bandini, Giustino Valmarana. Si coglie in luiun senso di malinconia, Sgarbi appare un po' più disarmato del solito: vuole vedere in questa sua visita, per lui 71enne,una coincidenza, un segno, per il fatto che l'opera è stata realizzata proprio da un Bellini della stessa età, nella parte finaledella sua vita, questa corrispondenza lo riempie di emozione. «Per me questo dipinto ha sempre avuto un'attrazionemagica - dice - qui ritrovo Dio nella natura, anzi Dio è la natura, è la potenza della sua creazione, quasi come se il Bellinigiunto alla fine della sua esistenza, avesse trovato una sorta di purificazione, quasi un trattato di filosofia che vuol dare unsenso al secolo che stava nascendo, il Cinquecento di Michelangelo e Raffaello». Il capolavoro del Bellini sarà oggetto,come detto, di un'operazione di promozione, che, hanno spiegato Carla Padovan e Vladimiro Riva, del consorzio Vicenzaè, si concretizzerà, anche grazie al sostegno del Funt, il Fondo unico nazionale per il turismo, in un percorso attraversoformazione degli operatori turistici, coinvolgimento di tour operator, della stampa specializzata in Italia e all'estero con de ipress tours, nonché la produzione di materiali divulgativi tradizionali e innovativi, come il già esistente virtual tour della chiesa di Santa Corona.

 

 

IL CORRIERE DEL VENETO,18.11

VICENZA C’erano tre ex sindaci di Vicenza, Enrico Hüllweck, Achille Variati e Francesco Rucco, oltre all’attuale, Giacomo Possamai, ad accogliere ieri corriere 18 mattina, nella chiesa di Santa Corona, Vittorio Sgarbi, invitato dal consigliere delegato del consorzio di promozione turistica Vicenzaè Vladimiro Riva, a presentare «Il Battesimo di Cristo» di Giovanni Bellini.
Capolavoro cinquecentesco recentemente restaurato, al centro di un progetto turistico di valorizzazione voluto da Vicenzaè e avviato durante l‘amministrazione Rucco, che lo ha finanziato assieme al ministero per il turismo. Elemento, questo – come sottolineato dallo stesso Riva durante il suo intervento di saluto all’«amico Vittorio e non al sottosegretario» – auspicabilmente non d’intralcio: «Perché l’obiettivo di portare Vicenza alla pari delle
altre più importanti città del Veneto e d’Italia quanto a flussi turistici, deve essere comune a tutti». Va detto, che le azioni di valorizzazione, sensibilizzazione e comunicazione (illustrate da Carla Padovan, segretario generale di Vicenzaè), messe a punto partendo da due capolavori assoluti della storia dell’arte universale, il «Battesimo» di Bellini e l’«Ultima cena in casa di San Gregorio Magno» di Paolo Veronese, anch’esso da poco restaurato e presentato, ancora una volta con Sgarbi al santuario di Monte Berico, fanno parte di un itinerario rinascimentale che vede naturalmente coinvolto il padre delle architetture vicentine, che fanno di Vicenza la città di Andrea Palladio. Proprio a lui ha fatto riferimento Sgarbi ricordando che, fresco di nomina di Ispettore a Vicenza della Soprintendenza del Veneto, nel 1974 scelse proprio il Tempio di Santa Corona per organizzare una mostra su Palladio e la Maniera, anche con l’intento di far conoscere i capolavori contenuti in questa chiesa, di proprietà comunale ma aperta al culto.  Riuscendo così a reperire anche i fondi (80 milioni di lire) per il primo restauro dell’altare e del dipinto dedicato a San Giovanni Battista (nel 1978), voluto da Battista Graziani Garzadori, quale ex voto per il suo ritorno incolume da un viaggio in Terra Santa.
Molteplici i particolari sottolineati da Sgarbi per esaltare l’architettura e la magnificenza di ogni singolo componente dell’altare: «Che esprime potenza e lusso, in maniera quasi vanitosa – spiega -, ma dei quali il dipinto può fare a meno, quanto è altrettanto potente nella sua semplicità e linearità». Ricordando, a tal proposito, le discussioni con Neri Pozza, con il quale concordava sul fatto che le rive del Giordano, luogo del battesimo di Cristo, altro non erano per Bellini (da lui definito il Raffaello veneziano) che i colli che sovrastano il lago di Fimon. «L’estrema sintesi di ciò che esprime questo dipinto, tra i più belli che si possano ammirare in Italia – conclude Sgarbi, riprendendo una sua stessa citazione –, la si ritrova nella frase “Deus sive natura” (Dio, ossia la natura, ndr). Per questo non si può venire a Vicenza senza entrare nella chiesa di Santa Corona». Frase, che già di per sé potrebbe costituire la prima azione di comunicazione per chi si occuperà di valorizzare questo, che è solo uno dei tesori della città.
Mauro Della Valle ©Corriere del Veneto

 

 


 

 

 

 

I luoghi della fede da non perdere

Chiampo Grotta di Lourdes e la Pieve

Se vi trovate a Vicenza o nei dintorni, non perdete una visita alla Grotta di Lourdes a Chiampo chiamata così perché è la copia fedele in scala 1/1 dell’originale della cittadina francese. L’ha voluta e costruita Frà Claudio Granzotto, frate francescano già scultore, beatificato nel 1994 da Giovanni Paolo II, che ha saputo ben coniugare, in questa impresa, le sue capacità di artista con l’ispirazione religiosa apprezzata in particolare nella realizzazione della statua dell’Immacolata Concezione alta m. 1,78 e collocata nella nicchia proprio come a Massabielle.
La consacrazione a luogo di culto avvenne il 29 settembre 1935 e in occasione del Centenario Lourdiano del 1958 ospitò ben 200 mila pellegrini. Nel 2008 in occasione del 150° anniversario se ne sono contati quasi un milione.
In questo luogo di raccoglimento e preghiera si trova anche un monumento a Bernadette Soubirous realizzato dal Beato Claudio nel 1942, la Via Crucis all’interno del vasto Parco botanico con oltre 350 specie di piante, il Museo “P. Aurelio Menin” e la Nuova Chiesa costruita a forma di conchiglia per accogliere il sempre crescente afflusso di pellegrini e ricordare che ci si trova in una valle di fossili celebrata anche dal concittadino Giacomo Zanella con la nota poesia sulla conchiglia fossile.
Importante anche la visita alla Chiesa della Pieve che ebbe origine del IX-X secolo e che fu oggetto di diverse ricostruzioni ed ampliamenti. Ospita all’interno un interessante altare barocco e una Madonna con il Bambino del Settecento. Qui giunsero nel 1867/8 i primi due frati fuggiaschi dal Convento di S. Lucia di Vicenza a seguito della soppressione degli Ordini Religiosi.


Trissino Grotta di Lourdes
Si tratta di un anfratto naturale nei pressi di Villa Trissino Marzotto, ai piedi del Campanile della Chiesa di S. Andrea consacrato alla Madonna di Lourdes per devozione popolare. È visitabile tutto l’anno e si può godere anche di un magnifico panorama sul paese e sulla valle.

 

CISMON DEL GRAPPA
Santuario della Madonna del Pedancino
La devozione popolare ebbe inizio, sembra, durante la lotta alle immagini sacre dell’imperatore di Costantinopoli Leone III Isaurico, ma si rafforzò dopo l’apparizione della Vergine ad un pastorello muto alla fine del Settecento che, peraltro, dopo l’episodio iniziò a parlare. Venne costruita una cappellina e subito una grande devozione verso la Madonna del Pedancino si diffuse in tutta la valle del Brenta. Nell’agosto del 1748 vi fu anche un miracoloso salvataggio della statua in legno della Madonna che rimase intatta nonostante un violentissimo temporale e la conseguente alluvione avessero provocato la distruzione dell’Oratorio che la ospitava e di molti manufatti nei dintorni. La statua venne recuperata a Pozzoleone e riportata con una solenne processione nel 1760 nella cappella ricostruita. Ancora oggi, nel mese di agosto, si ricorda con grandi festeggiamenti il miracoloso recupero e si celebra la Festa dell’emigrante perché molti di loro ritornano per l’occasione.

MUSSOLENTE
Santuario della Madonna dell’acqua
Anche in questo caso si tratta di un salvataggio miracoloso dalle acque di una statua della Madonna a seguito di una violenta alluvione avvenuta nel 1636 provocata dallo straripamento del torrente Volon che seminò distruzione nella zona. La statua fu rinvenuta intatta da un abitante che la recuperò ricollocandola dopo 3 anni nella chiesetta situata sul colle. Da quel momento la popolazione della zona si rivolge con grande devozione alla Madonna dell’acqua, così chiamata per le circostanze del ritrovamento, affinché possa preservarli dalla carenza d’acqua per l’agricoltura e gli animali e dalle minacce delle guerre come avvenne nel 1917 dopo la disfatta di Caporetto e nel 1944 per l’occupazione nazista.

SAN NAZARIO
Chiesa della Madonna dell’Onda
Anche questa tradizione popolare nasce a seguito di una tragica inondazione del Brenta che rase al suolo case e distrusse strade, ma preservò la Cappella, fatta costruire nel 1547 da una famiglia rimasta sconosciuta, e che conservava un affresco raffigurante la Madonna con bambino e i Santi Rocco e Sebastiano. Gli abitanti, che considerarono l’evento miracoloso, fecero costruire una chiesa intorno alla Cappella intitolandola alla Madonna dell’Onda dando vita a grandi flussi di pellegrini grazie ai quali è stato necessario costruire nel 1833 un Tempio più grande. Ogni anno si celebrano due processioni simultaneamente da San Nazario e da Valstagna con due statue di Madonne che si incrociano a metà strada inchinandosi l’una verso l’altra come gesto beneaugurante contro le alluvioni.

MAROSTICA LOCALITÀ VALLONARA
Madonna dei Capitei
Sembra che la chiesa fosse stata costruita nel 1620 per volontà di una famiglia del luogo dove sorgevano già numerosi capitelli dedicati alla Vergine innalzati a seguito dell’apparizione della Madonna. Purtroppo a chi e quando questo sia avvenuto non è dato sapersi perchè non esiste documentazione a supporto. Tuttavia la pietà popolare e le credenze hanno fatto in modo che si celebrasse a Capitelli, come avviene ancora oggi, la festa della Comparsa riferendosi appunto all’Apparizione. Sono più di una cinquantina le donazioni votive con l’immagine della Vergine miracolosa, ospitate all’interno della Chiesa.

GALLIO
Sacello della Madonna del Carmine
È un sacello votivo eretto come ringraziamento per aver protetto il paese dalla violenza della seconda guerra mondiale. Il ricordo delle ferite inferte al territorio dell’Altopiano dalla grande guerra era ancora vivo quando si scatenò il secondo conflitto e la popolazione fece quindi un voto che sciolse con la costruzione di questa piccola Chiesa, che fu benedetta il 16 luglio del 1946 dopo una imponente processione sul colle Ferragh. Nel 1989 un violento temporale frantumò la statua in mille pezzi che furono sparsi in tutti i prati antistanti. Anche in questo caso la pietà popolare e la devozione alla Madonna animò la raccolta meticolosa e la statua venne ricomposta e opportunamente restaurata al punto che nel 1991 fu ricollocata nella cuspide.

 

 

Ed ancora..

Vicenza, Basilica dei SS. Felice e Fortunato
Vicenza, Chiesa di S. Corona
Bassano,Santuario della Beata Giovanna – tomba
Marola, Chiesa Parrocchiale, tomba di mamma Eurosia Fabris
Schio Istituto Canossiane, teca di Santa Bakhita

I Santuari ex voto

La Diocesi di Vicenza conta 22 Vicariati e ben 354 Parrocchie, alcune delle quali trasformatesi in Unità Pastorali. Nella Provincia di Vicenza, i cui confini, come noto, si differenziano rispetto a quelli diocesani da prima dell’anno mille, le parrocchie sono 374. Nei 121 comuni vicentini si festeggiano oltre 50 diversi patroni che sono orgogliosamente celebrati anche se dal 1978 la Madonna di Monte Berico è la patrona del capoluogo Vicenza e della sua Diocesi.

A Recoaro Terme, per esempio, nella meravigliosa Conca di Smeraldo, si trovano ben 128 capitelli, quasi 1 ogni 60 residenti, alcuni risalenti al Settecento, 45 sono nicchie di cui 11 affrescate e 79 sono affreschi o nicchie murali per non citare le numerosissime chiesette sparse nelle contrade della nostra vasta area montana e pedemontana che, per una comprensibile salvaguardia, sono chiuse al visitatore.


Abbiamo quindi scelto di costruire un Itinerario Il Cammino P.G.R. - Per Grazia Ricevuta tra i principali Santuari ex-voto e i luoghi più frequentati della nostra Provincia dai residenti, ma soprattutto dai pellegrini e dai turisti, fatti edificare sovente per volontà popolare in seguito ad apparizioni della Madonna, come nel caso del Santuario di Monte Berico, o che la pietà popolare ha trasformato in luoghi di culto diffuso perché conservano i ricordi dell’infanzia di un Santo, come nel caso della casa-natale di suor Maria Bertilla Boscardin a Brendola. Un filo conduttore legato alla tradizione popolare più che all’importanza artistica o architettonica degli edifici. Si tratta di visite che si possono effettuare con motivazioni religiose o per semplice curiosità, per conoscere più da vicino le vicende di una comunità, le sue tradizioni, le sue culture, che fissano nella memoria anche gli eventi storici come le guerre, le pestilenze, le grandi e rovinose inondazioni.
La tradizione dei cosiddetti ex-voto suscepto, offerte votive, si fa risalire all’antichità e a religioni diverse, ma seppur siano forme di teatralizzazione per aver scongiurato o vinto situazioni di sofferenza e precarietà, ancora oggi, con varie modalità, sono diffuse e praticate in tutto il mondo. È una proposta di turismo slow per prendersi del tempo da dedicare alla contemplazione, alla conoscenza, all’ascolto... anche di noi stessi.


Certamente primo da citare per importanza è indubbiamente il Il Santuario di Monte Berico, che sorge a pochi chilometri dal centro storico di Vicenza.

La Madonna apparve ad una contadina Vincenza Pasini il 7 marzo 1426 e il 1° agosto 1428. “Tutti coloro che con devozione visiteranno la chiesa nelle mie feste e in ogni prima domenica del mese, avranno in dono l’abbondanza delle grazie e della misericordia di Dio e la Benedizione della mia stessa mano materna” (Processus, f. 2r). Fin dai primi giorni delle apparizioni e mentre ancora si stava costruendo la Chiesa come chiesto dalla Madonna per liberare la popolazione dalla peste, il luogo diventò meta di pellegrinaggi fino a farla diventare, ancora oggi, una fra le più importanti della fede mariana nel mondo.

Le richieste di intercessioni sono ancora oggi numerose e fortissimo è il legame dei vicentini e non solo al Santuario mariano come testimoniano i numerosi ex-voto raccolti in un importante Museo dove si trovano anche pezzi storici dal quattrocento al novecento e fino ai giorni nostri.

La chiesa gotica, a ponente del complesso, venne costruita in appena 3 mesi, con il concorso del popolo, fatto convinto dalla prodigiosa liberazione dalla peste che durava da quasi un quarto di secolo. L’attuale facciata non è quella originaria, perché un radicale rinnovamento, operato nel 1860, ne ha appesantito l’aspetto. La chiesa seicentesca è opera del vicentino Carlo Borella, iniziata nel 1688 e terminata nel 1703. Anche questa imponente opera venne eseguita per volere della città di Vicenza, quale segno ed espressione del continuo legame di fede tra i cittadini e la Madonna. All’esterno l’architettura si ripete identica nei tre lati, a oriente, settentrione e ponente. Tre ampie gradinate simmetriche introducono alla chiesa che, maestosa ed incisiva nelle sue masse e nelle sue numerose statue, lancia in alto a corona delle tre fonti la sua cupola aerea, donando all’edificio una spiccata snellezza.

Da non perdere la visita alla sala del quadro dove si può ammirare la preziosa tela di Paolo Veronese “La Cena di S. Gregorio Magno” con Gesù che, travestito da pellegrino, si rivela ai 12 poveri che il Santo era solito ospitare. Durante la cruenta battaglia del 1848, la tela fu tagliata dagli Austriaci in 32 pezzi. Fu restaurata e rimessa al suo posto 10 anni dopo. 

Ai lati due importanti dipinti di Alessandro Maganza, mentre nella chiesetta gotica si trova La Pietà di Bartolomeo Montagna.

 

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THIENE
La Madonna dell’Olmo
Via del Santuario, 9 – 36016 Thiene
Tel. 0445 361353 – www.cappuccinivenezia.org/thiene.org

L’origine del culto
Nel 1530 un nuvolo di cavallette calò nelle campagne thienesi distruggendo quanto seminato. La Vergine apparve a 3 bambine pastorelle con queste parole:
“Ritorni il popolo alla pratica delle virtù e in questo luogo innalzi un tempio in mio onore. Io prometto di essere sua avvocata presso il trono di Dio, di liberarlo dal flagello che l’opprime e di custodirlo per sempre sotto il manto della mia protezione. Va dai governatori di Thiene e annuncia loro la mia volontà...”
Le tre bambine non furono credute, ma anzi derise ed umiliate. Anche la seconda apparizione non ebbe alcun seguito così come la terza, nonostante la Vergine avesse promesso un segno miracoloso. Il grande olmo dove era apparsa perse, infatti, improvvisamente la corteccia mantenendo però le foglie verdi.
Le resistenze delle autorità thienesi caddero solo quando la Vergine apparve ad uno storpio di Centrale che guarito andò da solo davanti a loro per portare lo stesso ordine mariano ricevuto dalle pastorelle. Questa volta l’ordine venne eseguito e le cavallette scomparvero ed iniziò il pellegrinaggio alla Cappella innalzata sul luogo del miracolo.

Gli ex-voto
Il senso della devozione popolare tramandata nei secoli è testimoniata dalla presenza degli ex-voto presenti nella Chiesa dove ogni anno si celebra la festa del Ringraziamento voluta dai contadini in segno di riconoscenza per il raccolto dell’anno. Si chiede l’aiuto dei Frati per benedire il sale per il bestiame, come le magliette dei bambini malati e le mele nel giorno di San Biagio.
Custodi
I Frati Cappuccini vennero chiamati nel 1610 e nel 1613 venne consacrata la Chiesa che fecero costruire insieme al Convento. Nel 1972 venne concessa l’autonomia liturgica e nel 1980 venne eretta parrocchia con Padre Giorgio Bonato da Salcedo che diede avvio ad una intensa attività con la comunità fino ad acquisire anche un edificio montano in località Fiorentini.

Informazioni architettoniche ed artistiche
Il complesso del Santuario della Madonna dell’Olmo prende vita nel 1602 con la consacrazione da parte del Vescovo di Padova della Cappella. Successivamente, nel 1613 alla Chiesa venne annesso il nuovo Convento del quale rimane ora il semplice e bel Chiostro. Nel 1910 si rifece la facciata della Chiesa e nel 1930, su progetto di Vittorio Altieri, fu costruito il campanile in mattoni. Nel 1954 la vecchia chiesa venne in parte demolita e quindi ricostruita sotto la direzione dell’ing. Dino Altieri. All’interno del coretto due opere di Giulio Carpioni, e due tele attribuite ad Alessandro Maganza, figlio di Giovan Battista.

 

BRENDOLA
Casa Natale di Santa Maria Bertilla Boscardin
Via S. Bertilla, 71 - 36040 Brendola
Tel. 0444 601842

L’origine del culto
La devozione popolare per questa umile suora della Congregazione delle Suore Dorotee di Vicenza la si può toccare con mano nella sua casa natale di Brendola, dove ancora oggi accorrono in molti a pregare nella piccola chiesetta costruita proprio a fianco della vecchia casa di contadini dove ha trascorso la prima giovinezza. Quando Pio XII la proclamò beata nel 1952, dopo il processo avviato nel 1925, egli pronunciò queste parole: “È un modello che non sgomenta… Nella sua umiltà ella ha definito la sua strada come “la via dei carri”, la più comune, quella del Catechismo. Non sono stati miracoli in vita, ma il suo esempio di vita ad originare il suo stesso culto”. Ha concluso la sua vita terrena il 20 ottobre del 1922 a soli 34 anni a causa di un tumore allo stomaco sospirando “Tutto è niente”. Dal profondo della sua povertà ed ignoranza, toccava con le sue opere e parole, le vette cui erano giunti solo i più alti mistici. Fu dichiarata Santa da Papa Giovanni XXIII, l’11 maggio del 1961. Soleva ripetere “A Dio tutta la gloria, al prossimo tutta la gioia, a me tutto il sacrificio”.

Gli ex-voto
Numerose le testimonianze di ex-voto che si riferiscono, in particolare, ad avvenute intercessioni per bambini a cui lei si era molto dedicata come infermiera.
Custodi
La Congregrazione delle Suore Dorotee custodisce con amore quello che è diventato il luogo di culto di Santa Bertilla a Brendola. L’organizzazione religiosa fu Istituita da Mons. Antonio Farina nel 1836. Oggi conta su 1.400 suore suddivise in 120 comunità in diversi parti del mondo oltre all’Italia, in Ecuador, Colombia, Brasile, India e Terra Santa.

Informazioni architettoniche ed artistiche
La casa natale della Santa è stata conservata pressoché intatta in tutti gli spazi dove vivevano in assoluta povertà lei e la sua famiglia. Ci si può misurare con le piccole porte delle case dei contadini di allora, gli stessi letti e utensili di tutti i giorni, compresi alcuni abiti civili e religiosi appartenuti alla Santa Suora.

 

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SCALDAFERRO DI POZZOLEONE
Santuario della Madonna Salus Infirmorum di Scaldaferro
Via Vallazza, 7 – 36050 Scaldaferro di Pozzoleone
Tel. 0444 462251 – www.mariaoggi.it

L’origine del culto
È da far risalire all’agosto del 1665, data in cui fu trovata nel muro esterno di quella che era una fattoria l’immagine dipinta della Vergine. Non si conosce l’autore, ma fin da subito la credenza popolare la venererà come un segnale divino. Cominciarono i pellegrinaggi per invocare la protezione e le grazie per gli ammalati. Nel 1715 i proprietari fecero costruire un tempietto ottagonale e nel 1756 giunse un eremita francescano in qualità di custode. Si susseguirono diversi proprietari e fu solo nel 1910 che la Chiesa venne donata al Parroco di Pozzoleone don Elia Dalla Costa, futuro Cardinale, graziato egli stesso dalla Madonna, il quale si dedicò all’ampliamento dell’edificio e alla diffusione del culto. Nel 1923 benedì il nuovo Santuario che divenne Parrocchia nel 1954. Ogni seconda domenica del mese si celebra la Giornata degli ammalati.

Gli ex-voto
Molte le grazie ricevute come testimoniano i numerosi ex-voto presenti nel Santuario e appesi alle pareti del Porticale che raccontano le intercessioni della Vergine attraverso tavolette dipinte e moltissimi cuori argentati.

Custodi
Il primo custode del Santuario di Scaldaferro risale al 1756 quando ancora era una fattoria privata. Si tratta di Gian Maria Violin, eremita francescano sotto il cui influsso fu incoronata l’immagine della Vergine. Si susseguirono quindi diverse proprietà trattandosi di un luogo consacrato, ma inserito in un contesto privato. Il futuro Card. Elia Dalla Costa, come detto, mise fine allo ius patronatus durato per secoli ricevendo in donazione la Chiesa. Fu eretta Parrocchia nel 1954. Oggi è officiata da una Comunità Marianista chiamata a reggere il Santuario nel 1993 dall’allora Vescovo di Vicenza Pietro Nonis.

Informazioni
architettoniche ed artistiche
Tutto ebbe origine dal ritrovamento nel 1665 dell’immagine dipinta sulla nicchia esterna, dove rimase esposta alle intemperie fino al 1715 quando fu costruito il Tempietto. L’incessante pellegrinaggio e la devozione mai sopita nel tempo giustificarono i diversi ampliamenti della chiesa che oggi presenta una pianta a croce inscritta allungata dal presbiterio che si trova in quello che era l’antico Tempietto. Qui è collocato il settecentesco altare maggiore che incornicia l’immagine sacra della Madonna, più volte sottoposta a restauri. Il coro ligneo è del XVIII secolo di scuola veneziana. L’altare conserva l’antico paliotto mariano mentre sopra l’arco trionfale si trova una Gloria degli Angeli di Ottorino Tassello di Bassano. Nel 1954 fu consacrato anche il Porticale, l’ex stalla a cui si accede sia dall’interno della Chiesa che direttamente dall’esterno. Anche dopo i restauri voluti da don Giulio Dall’Olmo, ha mantenuto la struttura del rustico con muratura ad intonaco grezzo e copertura a capriate, conservando anche la greppia originale. Lo stesso Sacerdote inaugurò nel 1971 anche uno straordinario Presepio che si ispira fedelmente al Libro sacro della Bibbia e alla cui realizzazione ancora oggi contribuisce tutta la comunità.
Nel 2006 venne realizzato sulla vecchia parete della chiesa un mosaico ad opera del gesuita sloveno Padre Marko Ivan Rupnik, artista che, chiamato da Giovanni Paolo II, decorò a mosaico la Cappella del Papa in Vaticano.

 

LONIGO
Santuario della Madonna dei Miracoli
Via Madonna di Lonigo, 18 - 36045 Lonigo (Vicenza)
Tel. 0444 830502 – www.madonnadeimiracoli.org

L’origine del culto
...”Se credessi che questa Vergine Maria conoscesse quello che ho fatto, le darei dieci ferite!” Prese il coltello ancora con il sangue del terzo complice e colpì l’immagine all’occhio sinistro e al petto. Dalle ferite sgorgò sangue e il dipinto mutò sembianze: la Vergine disgiunse le mani e abbassato il capo, portò la mano sinistra sulla tempia ferita e la mano destra sulla cintura vicino al petto. Era il 1486. I due malviventi che si erano riparati nella vecchia Chiesa di S. Pietro per dividersi il bottino dopo l’uccisione del terzo compare, impauriti, fuggirono verso Verona, ma il misfatto e il prodigio furono subito scoperti dagli abitanti del luogo che denunciarono l’accaduto. In breve il luogo divenne meta di devozione e di pellegrinaggio. Si volle allora fare luce sul miracolo, e il Vescovo di Vicenza, Pietro Bruti, fece iniziare le indagini. Già nel 1492 il processo poteva dirsi concluso, sette testimoni ne avevano provato la veridicità: la Madonna non solo si era mossa, ma continuava ad operare miracoli rispondendo alle preghiere dei fedeli.

Gli ex-voto
Le 350 preziosissime tavolette ex-voto coprono il periodo che va dal 1486 fino al 1893 e testimoniano la pietà popolare in merito alle avvenute intercessioni. Nel 1997 è stato inaugurato un importante Museo degli ex-voto composto dalle tavolette dipinte, ma anche da catene, cuori e immagini in lamina argentata per lo più donazioni di fedeli di ceto umile, anche se non mancano donazioni più importanti avvenute nel 1500 e 1600.

Custodi
L’attuale Santuario sorge sull’antica Chiesa di S.Pietro Lometense o in Lamentese di cui non si conosce esattamente l’origine. Sembra che tra il X e XI secolo i monaci benedettini vi avessero costruito un monastero che dipendeva dall’Abbazia di Santa Maria in Organo di Verona. Per questa ragione, dopo l’episodio del 1486, giunsero qui gli Olivetani, i benedettini bianchi riformatori provenienti da questa Abbazia. Ottennero di officiarla e costruirono, sulle rovine, un grande monastero ampliandolo fino ad avere di fatto ben 3 chiese: una votiva con l’immagine taumaturgica, una che funge da vestibolo e una più ampia e decorata per le grandi celebrazioni. Con la soppressione dell’ordine, la Chiesa divenne residenza privata per ritornare nel 1826, su insistenza dei fedeli, un centro devozionale mariano. Eretta a Parrocchia nel 1955, è officiata oggi dal clero diocesano. Grazie ad alcuni privilegi papali, celebra la festa annuale nella quarta domenica dopo Pasqua.

Informazioni architettoniche ed artistiche
Interessante anche sotto l’aspetto architettonico la visita a questo complesso religioso formato come abbiamo visto da tre differenti chiese inglobate nella stessa struttura. Nella cappella votiva è conservato l’affresco del Miracolo inquadrato in un’edicola di marmo rosso del periodo di Alvise Lamberti. All’epoca successiva appartiene invece la grata su cui poggia il triregno papale in ricordo dell’Incoronazione della Sacra immagine avvenuta, sembra, nel 1618. Il resto della decorazione è del periodo barocco. Preziose anche le formelle in legno intagliato e la volta a botte della cappella che esalta la figura di Maria nel momento della sua glorificazione. La visita prosegue con le Cappelle di Santa Scolastica e S. Francesca Romana. La navata centrale come l’abside ospitano affreschi, pale e gruppi scultorei di pregio.

 

 

Santi e Beati della Chiesa vicentina

Il culto dei Santi e dei Beati è una testimonianza della religiosità popolare ancora molto praticata e diffusa. Incuriosisce e certamente stupisce spesso la scelta di vita di ognuno di loro così come il mistero delle numerose guarigioni ed intercessioni che ancora si registrano a distanza di secoli e quello della rapida diffusione della loro venerazione in assenza di una regia terrena, facile forse oggi con gli strumenti informatici a disposizione, ma di cui certo non si disponeva nell’antichità e fi no a metà del secolo scorso.

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San Vincenzo di Saragozza, diacono e martire morì a Valencia in Spagna durante le terribili persecuzioni di Diocleziano. Viene venerato dalla Chiesa vicentina di cui è stato patrono primario fino al 1978.

Santi Felice e Fortunato (Vicenza – Aquileia). Purtroppo le date di nascita non sono certe così come la data del loro martirio che dovrebbe risalire al 303 d.c. Subito dopo la loro morte tra Vicenza ed Aquileia nacque una forte contesa per l’assegnazione delle reliquie che si concluse con l’accordo che quelle di S. Felice sarebbero venute a Vicenza mentre quelle di S. Fortunato restavano ad Aquileia da dove furono traslate poi a Malamoco e quindi a Chioggia. Si suggerisce la visita al complesso paleocristiano della Basilica dei SS. Felice e Fortunato ubicato nell’omonimo quartiere poco fuori le mura di Vicenza e costruita sui resti del piccolo edificio che fu il primo luogo di pratica della fede cristiana in città.

Santi Leonzio e Carpoforo. Medici e martiri di cui non sono ben note le origini. Furono sepolti dapprima nella Basilica dei SS. Felice e Fortunato e quindi nel X secolo traslati nella Cattedrale e venerati per molti secoli come patroni di Vicenza.

Santi Donato, Secondiano, Romolo e Compagni molti dei quali vicentini vennero martirizzati da Diocleziano a Concordia essendosi rifiutati di abiurare la fede cristiana. Fin dall’antichità vengono onorati dalla Chiesa vicentina.

San Teobaldo (Provins, Francia 1017? – Vicenza 1066). Di origini nobili francesi, alla proposta paterna d’intraprendere la carriera militare scelse la vita ascetica dell’eremita vagando con un amico in giro per la Francia e il Lussemburgo. Dopo il pellegrinaggio a Santiago di Compostela e a Roma si fermò nel vicentino dove si stabilì in un piccolo rudere di una Cappella in un bosco di Sossano. Alla morte del compagno accettò la compagnia di alcuni discepoli e l’ordinazione presbiterale da parte del Vescovo vicentino. La fama di santità del figliolo raggiunse anche i genitori in Francia che decisero di raggiungerlo a Vicenza e di convertirsi. La madre concluse la sua vita da eremita. Fu canonizzato da Papa Alessandro II nel 1073.

Beato Giovanni Cacciafronte de Surdis, (Cremona 1125 – Vicenza 1181). A 16 anni entrò come monaco benedettino nell’Abbazia di S. Lorenzo di Cremona. Erano anni difficili per la Chiesa culminati con lo scisma e l’elezione dell’antipapa Vittore IV sostenuto da Barbarossa. Dopo la reggenza del vescovado di Mantova, venne trasferito a Vicenza dove però, due anni dopo, trovò la morte per mano di un feudatario che lui stesso aveva scomunicato. Il Vescovo martire fu beatificato nel 1824. I suoi resti riposano in una degna tomba marmorea all’interno della Cattedrale di Vicenza in piazza Duomo.

Beato Isnardo da Chiampo (Chiampo (?) – Pavia 1244). Non è certa la data, ma solo il luogo di nascita del Beato Isnardo. Predicatore domenicano si trasferì a Milano quindi a Pavia dove morì dopo una dura vita ascetica e di predicazione. I suoi resti riposano nella Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio di Pavia. Il suo culto venne confermato il 12 marzo 1919.

Beato Bartolomeo da Breganze (Breganze 1200 – Vicenza 1270). Nato nell’antica e illustre famiglia di Breganze, da giovanissimo scelse la sua vita di predicatore nell’ordine dei domenicani attirando molte vocazioni. Fu molto stimato dai Papi del tempo Gregorio IX e Innocenzo IV. Questi lo nominò Vescovo nel 1253. Due anni dopo venne inviato a Vicenza da Papa Alessandro IV, ma dovette trasferirsi in Inghilterra prima e a Parigi poi per allontanarsi da Ezzelino da Romano. Il Re Sole Luigi XIV volle incontrarlo e, riconoscente del conforto ricevuto in Terra Santa durante le crociate, gli regalò una spina della Sacra Corona di Cristo. Rientrato a Vicenza con la preziosa reliquia, fece erigere un Convento Domenicano e la Chiesa denominata di Santa Corona che ancora oggi custodisce il prezioso dono e conserva le spoglie del Beato. Papa Pio VI beatificò Bartolomeo da Breganze l’11 settembre 1793.

San Lorenzo Giustiniani (Venezia 1381 – 1456). Di origini nobili veneziane, scelse la mendicità nonostante gli sforzi della madre per dissuaderlo. Viene onorato dalla Chiesa vicentina essendo stato priore del convento di sant’Agostino a Vicenza per molti anni prima di divenire patriarca di Venezia.

Beato Marco da Montegallo (Montegallo (AP) 1425 – Vicenza 1496) Di nobili origini fu costretto dal padre a sposare una ragazza di pari estrazione con la quale visse castamente sciogliendo d’intesa i voti matrimoniali alla morte del padre. Entrambi si consacrarono alla vita religiosa e come francescano, Marco da Montegallo iniziò ad operare contro uno dei mali dell’epoca, l’usura. Istituì i primi Monti di Pietà. Il primo di Ascoli nel 1458 e a seguire Fabriano, Fano, Arcevia e a Vicenza nel 1486 dove dieci anni dopo, durante un periodo di predicazione, fu colto da malore e morì. Venne sepolto nella Chiesa di S. Biagio vecchio. Fu beatificato da Papa Gregorio XVI nel 1839.

Beata Giovanna Maria Bonomo (Asiago 1606 – Bassano 1670), mistica come Santa Caterina da Siena e Teresa d’Avila ricevette la “ferita dell’amore” e le stigmate. Si racconta che a soli 9 mesi ricevette il dono della parola per impedire al padre una cattiva azione. Precoce anche nello studio, nella musica, danza e ricamo, fece il voto di castità a soli nove anni in occasione della Prima Comunione fatta nel monastero di Santa Chiara di Trento guidato dalle suore Clarisse dove era entrata a seguito della morte della madre. Qui svolse il noviziato e a 15 anni fece il suo ingresso nel Monastero benedettino di San Girolamo a Bassano. Le stigmate, i frequenti momenti di estasi e addirittura le esperienze di bilocazione, le procurarono numerose avversità all’interno del Monastero al punto che per diversi anni le proibirono di scrivere e di incontrare persone. Scelta che probabilmente contribuì a diffondere la fama di santità.
Il processo di beatificazione iniziò nel 1699 e si concluse nel 1783 con Papa Pio VI.
È festeggiata come patrona di Asiago e di Bassano del Grappa e ancora oggi numerosi sono i pellegrinaggi alla sua tomba traslata presso la Chiesa della Misericordia di Bassano del Grappa più conosciuta nei giorni nostri come Santuario della Beata Giovanna in via Beata Giovanna mentre una statua si trova al centro del paese di Asiago dove era la sua casa natale.

San Gaetano Thiene (Vicenza 1480 – Napoli 1547) Nato a Vicenza dalla nobile famiglia dei Thiene, si laureò a Padova in materie giuridiche a soli 24 anni e si dedicò quindi alla vita ecclesiastica. È definito come il Santo della Provvidenza e, durante la sua permanenza in Vaticano, cercò di avviare un’azione riformatrice. Accettò di essere ordinato sacerdote solo all’età di 36 anni perché fino a quel momento non se ne sentiva degno. Celebrò la sua prima messa durante la notte di Natale nel corso della quale, come confidò a suor Laura Magnani, gli apparve la Madonna che gli pose in braccio il Bambin Gesù. Sempre nell’ambito della sua opera riformatrice, fondò l’ordine dei Teatini imponendo la regola di nulla possedere e nulla chiedere. Operò per molti anni a Napoli dove morì e dove viene onorato, come compatrono della città, nella Basilica di San Paolo Maggiore, nota a tutti come Chiesa di S. Gaetano. Egli venne beatificato il 23 novembre 1624 da Papa Urbano VIII e canonizzato il 12 aprile 1671 da Papa Clemente X.
Beata Elisabetta Vendramin (Bassano del Grappa 1790 – Padova 1870) è fondatrice delle suore Terziarie Francescane elisabettiane che alla fine del XX secolo contava oltre 1500 consorelle in diverse nazioni in Europa, Africa, Medio Oriente e America latina. Continuano ad operare con la stessa forza e determinazione della loro fondatrice “di istruire e cavar anime dal fango”. Di lei non esiste il sepolcro essendo i suoi resti andati confusi nella fossa comune nel corso dei lavori di ristrutturazione del cimitero di Padova. Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 4 novembre del 1990

Beato Giovanni Antonio Farina (Gambellara 1803 – Vicenza 1888) Vescovo di Treviso e di Vicenza aveva una grande sensibilità come educatore che lo portò a fondare l’Istituto delle Suore di Santa Dorotea, ancora oggi molto attivo a Vicenza e nel mondo. Seguiva anche con grande impegno la formazione dei sacerdoti misericordiosi e oranti. Venne beatificato da Giovanni Paolo II il 4 novembre del 2001. Fece parte della sua congregazione anche suor Maria Bertilla Boscardin, la sua prima infermiera santa che come lui riposa nella casa madre dell’Istituzione religiosa a Vicenza in via S.Domenico, 23.

Beata Gaetana Sterni (Cassola 1827 – Bassano 1889) fondatrice delle Suore della Divina Volontà. All’età di 26 anni entrò in un Ricovero per mendicanti dopo una sfortunata quanto brevissima esperienza matrimoniale conclusasi con la morte del marito, un imprenditore vedovo con tre figli e dopo essersi occupata dei fratelli minori in seguito alla morte della madre.
Impegnò tutta se stessa in questa impresa caritatevole occupandosi, per 36 anni, fino alla morte, degli ospiti vittime di disordine e di vizi e abusi di ogni genere. Fu proclamata Beata da Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001.
Le sue spoglie sono custodite presso la Casa Madre della Congregrazione Suore della Divina Volontà a Bassano del Grappa (VI).

Santa Bertilla Boscardin (Brendola 1888 – Treviso 1922) la Santa dell’umiltà e dell’assistenza agli ammalati in particolare ai bambini, divenne suora presso l’Istituto delle Suore Maestre Dorotee di Don Antonio Farina e svolse per tutta la vita le più umili incombenze sopportando disagi e incomprensioni. Fu iscritta nell’albo dei Santi da Papa Giovanni XXIII nel 1961.

Beata Mamma Eurosia Fabris Barban (Quinto Vicentino 1866 – Marola 1932). Terziaria francescana accettò di sposare un vedovo vicino di casa e accudire così le due piccole figlie e la sua famiglia. A breve si aggiunsero altri 9 figli avuti dal marito di cui due morti in tenera età ed altri 3 orfani accolti in casa. Fu mirabile educatrice per tutti al punto che alcuni di loro si consacrarono alla vita religiosa. Numerosi i fedeli che si recano a pregare nella sua tomba presso la Chiesa di Marola. Fu beatificata il 6 novembre 2005 quando il Papa ricevette la testimonianza di un miracolo avvenuto per sua intercessione e il 18 settembre 2009 fu proclamata patrona dei catechisti vicentini dal Vescovo di Vicenza.

Santa Giuseppina Bakhita (Oglassa, Darfur 1869 – Schio 1947) arrivata a Schio dall’Africa è stata suora canossiana. Nata da una famiglia musulmana benestante fu rapita a 6 anni da due negrieri arabi e uno gli impose il nome “bakhita” che vuol dire fortunata. Dopo varie vicissitudini che la videro oggetto di diverse compravendite come schiava arrivò in Italia e nel 1890 fu battezzata a Venezia e poco dopo trasferita a Schio. È vissuta quasi sempre nel convento delle canossiane della cittadina vicentina. Il suo personale carisma e la sua fama di santità mista a curiosità per la suora negra si diffusero in tutta la nazione e presto iniziò un pellegrinaggio a Schio per incontrare la “Madre Moretta”, così battezzata dagli scledensi. Una suora dolce che si esprimeva solo in dialetto vicentino, ma che venne chiamata a tenere conferenze per la valorizzazione delle missioni e dell’integrazioni fra i popoli. Il processo di canonizzazione iniziò nel 1959 a soli 12 anni dalla sua morte. Fu beatificata nel 1992 e canonizzata sempre da Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000. La RAI le ha dedicato una miniserie di due puntate nel 2009. Morì a seguito di una lunga e dolorosa malattia. I suoi resti furono traslati nel 1969 nel Tempio della Sacra Famiglia del Convento delle Canossiane di Schio in via Fusinato, 51 e sono esposti alla pubblica venerazione in una teca trasparente collocata nella Cappella che si rifà al modello del Pantheon e fu iniziata nel 1850 da Bartolomeo Folladore e completata nel 1901 dal figlio Gioachino. Le 4 grandi tele che si trovano nelle nicchie della parete circolare sono del pittore Mincato.

Beato Claudio Granzotto (S. Lucia di Piave, TV 1900 – Chiampo, VI 1947) scultore ottenne il diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ma abbandonò presto una promettente carriera artistica per farsi frate francescano e dedicarsi alla costruzione della Grotta di Lourdes a Chiampo, riproduzione perfetta su scala 1 a 1 dell’originale.
Morto a soli 47 anni colpito da un tumore al cervello è sepolto proprio presso la Grotta della località vicentina, mèta di centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno che ritrovano qui la stessa atmosfera di pace e serenità che si respira nella località francese.

 

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Chiesa dei SS. Felice e Fortunato

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Il complesso architettonico paleocristiano della Basilica si presenta oggi nelle forme della ricostruzione romanica risalente alla seconda metà del X  sec. con ampi inserimenti del XIII.
Esso insiste su due precedenti fabbriche. La pianta della prima fabbrica, conosciuta come “basilica antica”, è oggi segnata sul pavimento della chiesa mediante fasce in marmo rosso di Verona, il cui tappeto musivo è attribuito alla metà del IV o inizi del V secolo.
Nel V secolo sorge la seconda fabbrica, assai più ampia, dotata di tre navate, tutto mosaicato, con un nartece, cui si aggiunse poi un quadriportico.  Del complesso parte importante e tuttora esistente era il sacello di S. Maria Mater Domini.
 
Questa basilica divenne un centro di irradiazione religiosa soprattutto per opera dei monaci benedettini che tra il VII e gli inizi del IX si insediarono nel complesso. A seguito della devastazione degli Ungari della fine del IX  venne riedificata nel X per volontà del vescovo Rodolfo.  Un nuovo e importante restauro avvenne in seguito ai danneggiamenti provocati dal terremoto del 1117. Più radicali  trasformazioni furono eseguite nel XV, quando la chiesa venne completamente intonacata, affrescata e rinnovata con l’apertura di più ampie finestre e la costruzione di nuove capriate. Nel ‘600 i monaci modificarono l’interno secondo i dettami del nuovo gusto artistico, eliminando i lavori quattrocenteschi e costruendo all’esterno un nuovo nartece secondo l’uso del tempo. I lavori di ripristino, avviati nel 1935 e continuati fino al 1993, hanno comportato la rimozione delle sovrastrutture barocche e hanno ridato al complesso monumentale tutti gli elementi utili a rileggere l’antica storia religiosa e architettonica dell’edificio.

 

CHURCH OF SAINTS FELICE AND FORTUNATO

The Paleochristian architectonic complex of the Basilica stands today as shaped in the romanesque reconstruction of the 10th century, with large additions in the 13th century. The building stands on two previous edifices. The plan of the first building, known as the “ old basilica”, is outlined on the floor of the church with red Verona marble, whose mosaic floor dates back to the second half of the 4th century or the beginning of the 5th century. The second structure was built during the 5th century: it was larger, with three mosaiced aisles, a narthex and a quadriporticus. An important and still existing part of this edifice is the sacellum of S. Maria Mater Domini.

This Basilica became a centre of religious spread, mostly thanks to the deeds of the Benedictine monks who settled in the complex between the 8th and the beginning of the 9th century. Following the devastation caused by the Hungarians at the end of the 9th century, the Priest Rodolfo had it rebuilt during the 10th century. In 1117, another important restoration took place after the great damage caused by an earthquake. In the 15th century, the church was completely plastered, frescoed and renewed with the opening of larger windows and the construction of new trusses. In the 17th century, the monks modified the interior according to the dictates of the new artistic taste, eliminating the fifteenth-century works and building a new narthex outside. The restoration works, started in 1935 and continued until 1993, involved the removal of the baroque superstructures and have given back to the monumental complex all the elements needed to re-read the ancient religious and architectural history of the building.


 

Aujourd'hui, ce complexe architectonique paléochrétien est comme il se présentait à la deuxième moitié du X ème siècle durant l'époque romanique. Durant le XIII ème siècle, d'autres interventions ont été réalisés. Ce complexe se base sur deux batîments qui avaient été réalisés précédemment. Le plan du premier batîment, connu aussi comme ancienne basilique, est indiqué sur le sol avec une bande realisée en marbre rouge de Vérone. Le mosaïque remonte à la moitié du IV ème siècle ou au début du V ème siècle.
Durant le V ème siècle, le deuxième batîment a été edifié. Il présente trois nefs mosaiqués, un narthex et quatres arcades. Une partie importante du complexe et surtout toujours existante est la chapelle de S.Maria Mater Domini.

Cette basilique est devenue centre de propagation réligieuse pour l'intervention des moines bénédectins du VII ème siècle au début du XV ème siècle. Suite à l'invasion du peuple Hongrois avvenue à la fin du IX ème siècle, ce complexe a été construit à nouveau sous la direction de l'évéque Rodolfo.

Une nouvelle restauration a été realisé suite au tremblement de terre du 1117. Au XV ème siècle, l'église a été enduite et decorée avec des fresques. Ensuite, des fenêtres ont été élargies et des nouveaux fermes ont été construits. Au XVII ème siècle, les moines ont modifié l'intérieur en respectant les critères du nouvel style artistique. Pour l'adapter, ils ont dû eliminer les travaux d'entretien qui avaient été realisés durant le XV ème siècle et en construisant un nouvel narthex à l'extérieur.
Du 1935 au 1993, lla restauration a permis la conservation d'éléments nécessaires pour passer en revue l'ancienne histoire religieuse et architecturale du batîment.


IGLESIA DE LOS SANTOS FELICES Y FORTUNATOS

El complejo arquitectónico paleocristiano de la Basilica debe su aspecto actual a la reconstrucción románica remontante al siglo X, con importantes modíficas del siglo XIII.

La iglesia perdura sobre dos antecedentes edificios. La planta de la “basilica antigua” (nombre con el que se conoce el primer complejo) es reconocible por las bandas de marmól rojo de Verona en el suelo, cuyo mosaico se remonta a la mitad del siglo IV/primeros años del siglo V.

En el siglo V se erigió la segunda iglesia: mucho más amplia y totalmente cubierta de mosaicos, está constituida por un nártex, al que se añadió posteriormente un cuadripórtico. La sección más importante y todavía existente es el sacelio de Santa Maria Mater Domini.

Esta basilica llegó a ser un centro muy importante de difusión de la religión católica gracias a los monjes benedictinos que se estableceron entre los siglos VII y X. La iglesia fue reconstruida en el siglo X después de la devastación de los Húngaros del siglo antecedente. Una siguiente renovación fue necesaria a consecuencia de los daños causados por el terremoto del 1117. La iglesia fue sometida a transformaciones radicales en el siglo XV, cuando fue totalmente enyesada, pintada y renovada con vitrales más grandes y la construcción de nuevas tijerales. En el siglo XVII los monjes modificaron al interior de la iglesia según el gusto artístico de la época, suprimiendo a las modificas del siglo XV y construyendo al exterior un nuevo nártex según el uso del tiempo.
Los trabajos de restauración empezaron en el 1935 y se acabaron en el 1993, eliminando las superestructuras barrocas y restablecendo los antiguos fastos del complejo monumental.

Chiesa Santa Maria in Araceli

 

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Le prime notizie della piccola chiesa della “Santa Maria” risalgono al 1241. Nel 1244 il convento viene riscattato dalle Eremite di San Damiano che, sopra il terreno adiacente fanno innalzare un modesto monastero. Successivamente le Eremite di San Damiano cedettero il convento alle Monache Clarisse di San Francesco, dette Celestine.

L’antico monastero si chiamava S. Maria ad Cellam, che nel linguaggio corrente venne poi modificato in “Alla cella”, “Arcella” e, infine Araceli.
Dopo diverse ristrutturazioni, l’edificio venne abbattuto nel 1675 e, su progetto di Guarino Guarini, venne edificata la nuova chiesa in stile barocco, i cui lavori furono completati nel 1680 e diretti da Carlo Borella.

Nel 1797 la chiesa e il monastero vennero occupati dall’esercito francese. A seguito dei decreti napoleonici, con la soppressione degli ordini religiosi, i beni delle suore furono demaniati e ceduti al conte Antonio Capra che rase al suolo il convento.

Dal 1813 la chiesa diventò sede della Parrocchia dei Santi Vito e Lucia, denominata di Araceli. Dal 2005 è affidata alla comunità rumena di rito bizantino.
Con il restauro generale avvenuto negli anni ‘90 del secolo scorso, la chiesa è ora recuperata allo stato originale, permettendo la riscoperta del più importante monumento barocco religioso della città di Vicenza.

La complessa struttura è costituita da un’aula ellittica contenuta in un blocco quadrilatero sormontato da tamburo, cupola e lanterna. Le 15 statue in facciata sono opera di Orazio e Angelo Marinali e Giuseppe Cassetti. Al 1696 risale l’altare maggiore firmato da Tommaso Bezzi, su cui è la tela di Piero Liberi raffigurante Augusto e la Sibilla, riferimento alla leggenda alla base della fondazione della più celebre Santa Maria in Aracoeli di Roma.

 

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S.Maria in Araceli Church

The first references of the small church, named after “Santa Maria”, the Virgin Mary, date back to 1241. In 1244, the nunnery was taken by the Hermits of San Damiano, who built a small monastery close to it. The nunnery was then ceded to the Poor Clares, belonging to the Franciscan Order of Saint Clare.

The ancient monastery was dedicated to “S. Maria ad Cellam”, which was modified as years went by, according to the evolution of the language, in “Alla Cella”, then “Arcella” and finally “Araceli”.
After several restoration works, the building was demolished in 1675. The architect Guarino Guarini designed a new, different church in Baroque style, whose construction works, directed by Carlo Borella, ended in 1680.

In 1797, the church and the monastery got occupied by French soldiers. Following the Napoleonic Suppression of Italian religious orders, the properties of the nuns were taken and ceded to Count Antonio Capra, who later had the whole nunnery demolished.

Starting from 1813, the church became the headquarter of the parish church dedicated to Saint Vito and Saint Lucia, also called “Araceli”. It is managed by the Romanian community of Byzantine rite since 2005.
A general restoration took place during the 1990s, and now the church is back to its original appearance, allowing the discovery of one of the most important Baroque religious buildings in Vicenza.

The complicated structure is formed by an elliptical hall, contained inside a quadrilateral space, which is covered by the tambour, the dome and the lantern. The sculptors Orazio and Angelo Marinali, as well as Giuseppe Cassetti, created 15 statues that now adorn the façade of the church. The altar was built by Tommaso Bezzi back in 1696. On top of it, stands the painting by Piero Liberi, portraying the Emperor Augustus and the Sybil as reference of the legend that lead to the foundation of the renowned Santa Maria in Aracoeli church in Rome.


Les premières informations sur l'Église de Santa Maria remontent au 1241. En 1244, le couvent a été acquis par les eremites de San Damiano qui ont decidé d'élever un monastère mais quelques années plus tard il a été cédé aux sœurs de l'ordre des Clarisses.

Initialement, l'ancien monastère s'appellait "S.Maria ad Cellam", nom qui, dans le langage courant a ensuite été remplacé par "Alla cella" , "Arcella" et finalment en Araceli. Après des travaux d'entretien, ce batîment a été détruit en 1675 mais en 1680 une nouvelle église en style baroque a été construite par Carlo Borella en suivant le projet de Guarino Guarini.

En 1797, l'église et le monastère ont été occupés par l'armée française. Conformément au décret napoléonien qui a aboli les ordres réligieux, les biens appartenus aux sœurs ont été cedés au comte Antonio Capra qui a décidé de démolir le couvent.

À partir du 1813, cette église est devenue le siège de la Paroisse de San Vito et de Santa Lucia, denominée de Araceli. Du 2005, l'église a été confiée à la communauté roumaine de rite byzantin.
Suite aux travaux d'entretien des années 90 du siècle dernier, l'église a été rétablie à son état originel ce qui a permit la redécouverte du plus important monument baroque de la ville de Vicenza.

Cette structure complexe consiste en une salle elliptique contenue dans un bloc quadrilatéral surmonté d'un tambour, d'un dôme et d'un lanternon.
Les quinze statues ont été réalisées par Orazio et Angelo Marinali et par Giuseppe Cassetti.
Le maître-autel a été réalisé en 1696 par Tommaso Bezzi et on peut observer la toile de Piero Liberi qui représente Augusto et la Sibilla, légende à la base de la fondation de la plus célèbre S.Maria in Aracoeli de Rome.


LA IGLESIA DE SANTA MARIA ARACELI

Las primeras informaciones sobre la pequeña iglesia de la “Santa Maria” se remontan al 1241. Tres años tras, en 1241 el convento fue comprado por los Eremitas de San Damiano que, sobre el terreno contiguo, erigieron un pequeño monasterio. Luego, los Eremitas entregaron el convento a las Monjas Clarisas de San Francesco, las “Celestinas”.
El antiguo monasterio se llamaba “Santa Maria ad Cellam”, que en el lenguaje común se modificó en “Alla cella”, “Arcella” y al final “Araceli”. Después de varias restauraciones, el edificio fue derribado en 1675 para hacer sitio a la nuova iglesia en estilo barroco: construida basándose sobre el proyecto de Guarino Guarini, fue completada en 1680 bajo la guía de Carlo Boreila.
En 1797 la iglesia y el monasterio fueron ocupados por el ejército francés: a raiz de los decretos napoleónicos, con la supresión de los órdenes religiosos, las hermanas fueron espropiadas y todo fue entregado al conde Antonio Capra, que arrasó el convento.

Desde el 1813 la iglesia se convirtió en la sede de la Parroquia de los Santos Vito y Lucia, denominada en Araceli. Pòr el año 2005 fue encomendada a la comunidad rumena de rito bizantino. Con la renovación general de los años 90 del siglo pasado, la iglesia fue recuperada a su forma original, permitiendo de volver a descubrir el más importante monumento barroco religioso de la ciudad de Vicenza.
La planta se compone de un salón elíptico colocado en una estructura cuadrilátera coronada por un tambor, una linterna y una cúpula.
Las 15 estatuas de la fachada son obras de Orazio y Angela Marinali y Giuseppe Cassetti.
En el año 1696 Tommaso Bezzi realizó el altar mayor: sobre el altar resplende en toda su belleza el lienzo de Piero Liberio que representa Augusto y la Sibilla, referencia a la leyenda desde la qua fue erigida la más famosa iglesia de Santa Maria en Araceli en Roma.

 

Il santuario di Monte Berico

 


IL SANTUARIO DI MONTE BERICO è il più noto e frequentato Santuario mariano della Regione Veneto

LE ORIGINI
Le sue origini affondano in un periodo di particolare sofferenza per la città di Vicenza, colpita tra il 1425 e il 1428 da una gravissima epidemia di peste.
Accadde, infatti, che la VERGINE fece una prima apparizione sul Monte il 7 MARZO 1426 ad una umile contadina: Vincenza Pasini alla quale seguì quella del 1° AGOSTO 1428. In entrambe le apparizioni la Madonna chiese a Vincenza che si facesse portavoce di una richiesta: la costruzione in quel luogo di una Chiesa a lei dedicata con la promessa che la pestilenza sarebbe finita.

La tradizione popolare vuole che la Madonna avesse pronunciato queste parole:
"Non temere Vincenza. Sono la Madre di Gesù morto in croce per la salvezza degli uomini. Va' e avvisa i Vicentini che io voglio in questo luogo una Chiesa consacrata al mio nome; solo allora saranno liberati dal flagello che li percuote. Dirai al popolo i miei comandi: se non obbediranno, non cesserà la peste.
Come prova della mia volontà scavino fra queste rocce aride e ne scaturirà una fonte copiosa".

E aggiunse:
"Dirai inoltre che tutti coloro i quali visiteranno questa Chiesa nelle Feste a Me dedicate e nella prima domenica di ogni mese, avranno grazie abbondanti, e riceveranno la mia benedizione materna."

Vincenza Pasini non fu creduta subito nemmeno dalle autorità Ecclesiastiche. Fu la seconda apparizione e l'imperversare della pestilenza a convicere, prima di tutti, i cittadini e quindi le Autorità, a dar credito alla donna.
La posa della prima pietra avvenne il 25 AGOSTO 1428 e la Chiesa fu costruita in soli 3 mesi come testimonia il codice manoscritto del Processo sulla veridicità dei miracoli intrapreso come la costruzione del Santuario, dalle autorità locali. Man mano che l'opera cresceva la virulenza della peste andava scemando al punto che quando arrivarono al tetto, la "brutta bestia" era completamente debellata.
Nel 1430 fu dato incarico al giureconsulto Giovanni Da Porto e al successore Luigi Da Porto che condusse il processo e redisse l'atto notarile di 16 pagine, autentificato da 3 notai e sottoscritto dal Podestà Marco Micheli, custodito nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza.
La veggente Vincenza Pasini morì all'età di 78 anni, nel 1433.


LA CHIESA
Il piccolo tempio eretto dopo l'apparizione, venne rifatto perchè bisognoso di totali restauri e venne incorporato all'inizio del secolo XVIII nell'attuale Santuario.
La Basilica è stata costruita su disegno dell'architetto CARLO BORELLA (1688) e fu decorata dallo scultore bassanese ORAZIO MARINALI.
L'interno della Basilica-Santuario è l'insieme delle due Chiese: l'una di stile gotico, l'altra di stile classico e barocco, ampliamento e completamento del Borella (1688-1703) dopo un primo ampliamento del PALLADIO (1578).
In questi anni (1826) iniziò la costruzione del nuovo campanile, su progetto di ANTONIO PIOVENE, mentre nel 1860 fu avviata la ricostruzione dell'antica facciata in stile neo-gotico, ad opera dell'architetto Giovanni Miglioranza, grazie ai SERVI DI MARIA che ritornarono nel 1835, grazie all'avvallo dell'Imperatore d'Austria, dopo l'allontanamento provocato dal decreto napoleonico del 1810 che imponeva la soppressione dell' Ordine con l'allontanamento dal Conventi.
Anche nel 1866 dopo l'Unità d'Italia, i Servi di Maria dovettero lasciare il Convento per ritornarci, definitivamente, nel 1875 quando il Consiglio comunale di Vicenza decise di ridare loro il Santuario in uso gratuito affinchè proveddessero alla sua conservazione e tutela.
Nel 1900, il futuro PAPA PIO X incoronava solennemente la statua di MARIA, il cui altare veniva reso ancor più solenne dal restauro del 1926-1928.

Per le informazioni sulle visite: tel. 0444 559411 - fax 0444 559413

Sito internet:  www.monteberico.it


GLI EX-VOTO
Adiacente al Santuario, vi è un piccolo museo che raccoglie oltre 150 tra tele e tavolette votive che costituiscono sei secoli (dal 1400) di ex-voto.
Tra i pezzi del '400 che meritano un'attenzione particolare vi è una "Nascita di Maria" intagliata e rilevata nel legno e che conserva ancora larghe tracce di un'antica doratura.
Di poco successivo è un complesso di piccoli quadri raffiguranti la storia dell'apparizione della Vergine a Vincenza Pasini e probabile opera di Tonisi senese, già autore del ritratto della stessa donna.
Al XVI secolo va attribuita una tela veronesiana di Gabriele Caliari, figlio del grande Paolo, raffigurante "La Madonna e il Bambino, i Santi Francesco e Marco, il Capitanio di Vicenza Francesco Tiepolo e un altro gentiluomo", tutti in posizioni di oranti.
Tra le tante opere vanno poi segnalate quelle attribuite alla bottaga di Alessandro Maganza, del Maffei e del Carpioni. La maggioranza degli ex-voto restano però anonimi e fanno quindi parte di quell'arte popolare da sempre così prolifera ed affascinante.


LA CENA DI S.GREGORIO MAGNO di Paolo Veronese
Dipinto a olio su tela, misura m. 8,780m. 4,44
Sulla parete di fondo dell'antico refettorio del convento dei Servi di Maria domina la grande tela di Paolo Veronese che riproduce "La Cena di S.Gregorio Magno".
La tela venne probabilmente commissionata da fra Damiano Grana, zio materno del Veronese, priore a Santa Maria di Monte Berico tra il 1571 e il 1573.
Nel quadro è raffigurato il momento in cui il santo papa Gregorio Magno, durante la tradizionale cena in cui era solito invitare dei poveri, riconosce fra questi, alla sua destra Gesù Cristo.
Nel 1848, durante un'azione di guerra dei soldati austriaci all'interno della basilica e del convento, la tela venne distrutta in 32 pezzi che un giovane frate, Ferdinando M.Mantovani, riuscì comunque a salvare. Nel 1852 la tela venne quindi ricomposta e risistemata nel convento da Alberto Tagliapietra.

Dopo essere stata oggetto di un importante restauro è la grande tela stata svelata al pubblico nel giugno 2022 ed è ora visibile nel refettorio, seconod gli orari di apertura del santuario.


IL PATRIMONIO ARTISTICO
All’interno del Santuario, sono molte le opere che meritano un’attenzione particolare.
Al 1428 circa risale la statua della Madonna, in cui la Vergine, secondo una tipica iconografia quattrocentesca, è raffigurata come Madre della Misericordia. La statua, scolpita su pietra tenera dei Berici e colorata, è alta m. 1,70 ed è opera di Nicolò da Venezia.
Molto più recenti (1900) sono invece la corona e la preziosa collana di perle, realizzate da orefici vicentini e offerte alla Madonna dal cardinale patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X.
Di particolare interesse è la pala dell’altare di S.Giuseppe, raffigurante la Sacra Famiglia in Egitto, dipinta nel 1796 da Francesco Menageot e che costituisce una della migliori pitture neoclassiche presenti a Vicenza.
Un’altra pregevole tela è quella di Palma il Giovane, del 1606 con l’Incoronazione della Vergine.
Al XIX secolo risalgono invece diverse tele di Giovanni Gagliardi come quella della Resurrezione e dei Sette Santi Fondatori.
Nella chiesetta gotica merita senza dubbio una visita speciale la tela raffigurante la Pietà, opera di Alvise Lamberti Montagna e risalente al 1500. Nelle arche della navata di mezzo, invece, a destra e a sinistra dell’altare maggiore, Rocco Pittaco dipinse i quattro episodi sull’origine del santuario, a partire dal 1883.

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